Quella straordinaria piadina riccionese in via Taramelli a Milano

Quella straordinaria piadina riccionese in via Taramelli a Milano

Con la nostalgia non si va da nessuna parte, ma a volte capita di fermarsi per ricordare ciò che è stato e che abbiamo avuto la fortuna di conoscere personalmente.

Milano è cambiata anche a tavola.

La ristorazione milanese è un qualcosa in continua evoluzione e non spetta al sottoscritto giudicarne gli aspetti positivi o negativi, perlomeno non qui.

Semplicemente mi piace ricordare, di tanto in tanto, locali e persone che ho frequentato, seppur molti anni fa, e che mi sono rimasti nel cuore.

Erano i primi anni Novanta e ancora, in certe sere di autunno inoltrato, la nebbia calava su Milano tanto inesorabile quanto fitta a tal punto da rendere perfino affascinante e a tratti misteriosa una strada come via Taramelli.

Dietro a delle anonime vetrine illuminate, nascoste da tendaggi che da fuori non lasciavano intravedere nulla, si celava un ristorante che ha scaldato il cuore a generazioni di milanesi.

All’ingresso c’era sempre lui, Giuliano, ad accoglierti, uno dei tre fratelli Metalli, al secolo Gino e Tonino, che proprio lì avevano aperto nel 1950 il primo ristorante di pesce a Milano.

Giuliano, volto scavato, sguardo intenso e battuta sempre pronta, ti metteva sempre a tuo agio con la sua parlata romagnola e la sua schiettezza. Sempre impeccabile, era un padrone di casa di quelli memorabili che non mancava, con gli amici, di sedersi al tavolo a chiacchierare.

Questo era il ristorante “A Riccione”, un’istituzione a Milano, ma che per me era soprattutto un luogo famigliare, un locale in cui ho trascorso tanti sabato sera in famiglia.

All’epoca poter mangiare un’ autentica piadina riccionese a Milano non era affatto semplice (a dire il vero anche oggi…), ma  in via Taramelli la piadina non mancava, anche se era destinata ad accompagnare le meravigliose portate di pesce che venivano proposte.

Penso ad esempio a quei filetti di sogliola serviti tiepidi e marinati con una punta d’aceto che non ho più avuto occasione di mangiare o ancora agli spiedini di pesce o al fritto chiamato “nuvola” per la sua estrema leggerezza.

Chissà se leggendo queste righe qualcuno si ricorderà dei camerieri che lavoravano nel locale.

Non posso non ricordare Davide e Angelo, nelle loro livree bianche o verdi, che erano sempre al nostro tavolo e che conoscevano perfettamente le abitudini di noi affezionati clienti.

Ai tavoli di questo magnifico ristorante si sono seduti tantissimi personaggi, volti noti del cinema, del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport, ma non erano ancora i tempi in cui a Milano c’erano locali alla moda.

“A Riccione” si andava per mangiare il migliore pesce di Milano e per vivere la più autentica e genuina atmosfera romagnola, seppur con grande eleganza.

Ricordo che tra gli “aficionados” c’erano lo stilista Ottavio Missoni  e con lui il mitico  giornalista Gianni Brera che capitanava il cosiddetto “tavolo degli sportivi” del giovedì sera.

I ricordi sono tanti, ma una cosa è certa.

Milano certamente era meno bella forse, meno internazionale, meno ricca di attrattive, ma per certi aspetti era molto più umana e più viva di quanto voglia apparire oggi.

(La foto che ritrae l’attore Charlie Chaplin con lo staff del ristorante “A Riccione” è tratta dall’articolo https://www.famijarciunesa.org/charlie-chaplin-al-ristorante-a-riccione-a-milano/ che propone una delle poche immagini storiche disponibili del ristorante)

 

 

 

 

La campagna elettorale appena conclusa

La campagna elettorale appena conclusa

La campagna elettorale appena conclusa

Ripensò alla campagna elettorale appena trascorsa, a quando ancora si prestava metodicamente a essere immortalato, dopo ogni comizio, accanto ai militanti che glielo chiedevano.

Bagni di folla, abbracci, baci e foto facevano parte della quotidianità di Villa.

Nei mesi che avevano preceduto la sua elezione aveva viaggiato sempre con al seguito un fotografo, incaricato di immortalarlo in qualsiasi momento: quando entrava in un bar per una semplice colazione, oppure mentre passeggiava tra la gente nei mercati rionali o ancora durante qualche inaugurazione.

Tutto quel materiale confluiva sui social, puro carburante per alimentare la macchina elettorale intorno alla sua persona. Villa seguiva le orme di Benito Mussolini, rielaborando in chiave moderna il culto della sua persona: non c’erano foto mentre partecipava alla battaglia del grano, ma non mancavano quelle in cui si prodigava a pubblicizzare prodotti enogastronomici rigorosamente italiani.

E tra una spremuta di arance di Sicilia, una piadina romagnola con squacquerone e prosciutto crudo del Consorzio di Parma o una pizza napoletana, Villa si faceva rappresentante del sovranismo nazionale.

Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022