Itinerari sotterranei a Milano. Rifugio antiaereo N. 56

Itinerari sotterranei a Milano. Rifugio antiaereo N. 56

Rifugio antiaereo N. 56

Ubicazione. Piazza Giuseppe Grandi.

Mezzi pubblici. Linea tranviaria 27; linee filoviarie 90, 91 e 93; linee automobilistiche 45, 62 e 66.

Visita. Occasionalmente aperto al pubblico.

Contatti. Comune di Milano, sito Internet: comune.milano.it.

L’anno seguente, nel 1936, è ultimato il rifugio di Piazza Grandi, progettato dall’Ufficio Tecnico del Comune di Milano e realizzato in fase con la soprastante fontana monumentale.

Tanto la piazza quanto la fontana sono dedicati all’architetto Giuseppe Grandi, esponente della Scapigliatura milanese, noto per avere progettato il monumento alle Cinque Giornate e di cui si parlerà più avanti perché al di sotto è stato ricavato il rifugio pubblico N. 8.

La fontana è composta da una vasca rettangolare in pietra chiara, in un angolo sovrastata da una torre anch’essa in pietra dalla cui sommità sgorga a cascata l’acqua.

Nel corso dei decenni si è formata una pronunciata concrezione calcarea, ricoperta da muschio verdissimo, che si è deciso di mantenere in quanto rafforza il significato stesso della natura rigogliosa e prorompente.

L’angolo opposto è occupato da una statua in bronzo, l’uomo proteso verso lo specchio che simboleggia lo stupore innanzi alla bellezza della natura che dona il prezioso liquido.

Il rifugio, o meglio il bunker in cemento armato, doveva essere segreto e la fontana aveva innanzitutto la funzione di “mascherarlo”.

La sua destinazione ci è ignota, ma in ogni caso non venne mai ultimato nei dettagli, rimanendo privo dei portelloni metallici e dell’impianto di ventilazione, filtrazione e rigenerazione dell’aria.

Con l’inizio della guerra è destinato a rifugio pubblico e identificato con il N. 56.

Ha la pianta rettangolare di 23 x 17 metri; l’interno è diviso in 23 “celle” di cui le sole sei centrali adibite a rifugio vero e proprio, per una capienza complessiva di 450 persone.

In una scheda compilata dal Comune di Milano in tempo di guerra si legge che aveva una capacità inferiore, ovvero di 430 persone, ed era considerato «Ambiente popolare».

Curiosamente, pur rimanendo sotto una fontana, non era dotato di acqua potabile corrente.

Eppure se lo visitate vedrete che in ben quattro punti le scritte d’epoca indicano: «acqua potabile» in prossimità di ganci metallici infissi nelle pareti.

Grazie anche alle testimonianze di chi lo utilizzò, sappiamo che ai ganci erano appesi secchi metallici pieni d’acqua e accanto erano assicurate con un cordino le tazze di metallo smaltato con cui attingere e bere.

A seguito del restauro progettato e diretto dall’architetto del Comune di Milano Alfredo Bonfanti, lunedì 27 febbraio 2017 fontana e rifugio sono stati inaugurati.

I locali sotterranei sono stati ripuliti mantenendo le numerose scritte d’epoca in vernice nera.

L’impianto d’illuminazione, pur non essendo quello d’epoca in quanto asportato a fine guerra, svolge egregiamente la propria funzione.

Non è “invasivo” e con discrezione ricalca in parte il tracciato originario su cavetti metallici, alimentando numerosi faretti dotati di sensori di movimento che illuminano solo gli ambienti percorsi dai visitatori.

L’intento è di aprire a scadenze fisse questo impianto, eccezionale per la sua originale costruzione e collocazione.

Tratto da Alla scoperta di Milano Sotterranea, Ippolito Edmondo Ferrario, Gianluca Padovan, Newton Compton Editori, 2018

 

 

Itinerari sotterranei a Milano. “Complesso delle Pompe di Sollevamento – Casamatta Celestino”

Itinerari sotterranei a Milano. “Complesso delle Pompe di Sollevamento – Casamatta Celestino”

“Complesso delle Pompe di Sollevamento – Casamatta Celestino”

Ubicazione. Castello Sforzesco.

Non visitabile. Si tratta dei tratti più interessanti dei sotterranei del Castello comprendente la cosiddetta Galleria dei Cavalieri, ritenuto vero e proprio passaggio segreto.

Eravamo rimasti alla “Galleria dei Tenaci” e davanti a una bella tamponatura recente.

Oltre si sviluppava un intricato complesso di cunicoli, gallerie e casematte e di cu se n’è conservata una buona parte. Ma partiamo dall’inizio dicendo che il “Complesso delle Pompe di Sollevamento” è composto da più opere situate su livelli differenti e parzialmente interessate dalla costruzione dell’impianto fognario nel 1960.

Questo raccoglie in una moderna grande vasca di cemento armato le acque reflue provenienti dal Castello e mediante apposite pompe le convoglia in una condotta fognaria, ma unendole alle acque provenienti dal laghetto di Parco Sempione.

Ad un primo livello abbiamo la “Stanza della Chiusa”, opera quattrocentesca perfettamente conservata, a pianta rettangolare, mattoni a vista e volta a botte.

A pavimento vi sono le lastre di granito che riquadrano l’accesso al sottostante “Cunicolo delle Conchiglie II” e la guida sempre in granito attraverso cui calare la saracinesca.

Analogamente al “Cunicolo delle Conchiglie I” era un condotto segreto attraverso il quale veniva garantito il continuo flusso d’acqua per alimentare sia il fossato interno sia il “Fossato Morto” di Piazza d’Armi anche qualora, in caso d’assedio, i canali a vista fossero stati interrotti. Entrambi i cunicoli passavano al di sotto dell’interrato fossato esterno destinato a proteggere la Ghirlanda.

La “Casamatta Celestino” è composta da una galleria le cui estremità sono murate, ma verso est una rampa doveva connetterla alla soprastante “Galleria delle Postazioni” e verso ovest scendeva di quota attraversando un portale in mattoni, murato, per raggiungere un livello inferiore ad oggi inesplorato.

Una parte della galleria s’allarga per lasciare spazio a una postazione d’artiglieria, la casamatta per l’appunto, che ha subìto in antico una riduzione della feritoia.

Al di sotto sbuca il condotto sotterraneo che consente il deflusso delle acque del laghetto verso la fognatura.

Il livello inferiore del complesso è costituito da un tratto di galleria con volta a sesto ribassato, alta circa 3,5 metri, che abbiamo battezzato “Galleria dei Cavalieri”, oggi utilizzata per lo scarico delle acque reflue.

Di certo non vi transitavano i cavalieri a cavallo, ma essendo l’opera più profonda dell’intero complesso sotterraneo ad oggi esplorato supponiamo che fosse parte se non del favoleggiato passaggio segreto che conduceva a Santa Maria alle Grazie, almeno di un altro.

Difatti la galleria, giunta in prossimità della “Casamatta Celestino”, scendeva repentinamente e questo ce lo dicono le tracce dell’imposta di volta superstiti perché la parte restante è stata interessata dalla costruzione della menzionata vasca di cemento armato.

Secondo i nostri calcoli transitava al di sotto della sopra citata casamatta e quindi anche sotto l’antistante fossato.

L’altezza della galleria può essere giustificata dal fatto che poteva marciarvi una scorta armata con le alabarde in resta, forse quella del Duca o d’altro personaggio importante, autorizzato a percorrere il passaggio segreto.

Tratto da Alla scoperta di Milano Sotterranea, Ippolito Edmondo Ferrario, Gianluca Padovan, Newton Compton Editori, 2018

 

Gunther Sander torna in 44 gatti in noir

Gunther Sander torna in 44 gatti in noir

Dopo Ultimo Tango a Milano il maggiore italo tedesco Gunther Sander torna in libreria in una straordinaria raccolta di racconti noir, targata Frilli, curata dallo scrittore Armando d’Amaro. Questa volta il tema dei racconti, tutti rigorosamente noir, sono i felini. La raccolta che segue quella uscita l’anno scorso intitolata “Una finestra sul noir” è anch’essa dedicata alla memoria di Marco Frilli, fondatore dell’omonima casa editrice genovese. Qui di seguito un estratto del racconto Un gatto fortunato di Ippolito Edmondo Ferrario.

 

Katanga, il colosso congolese, tamburellava con le dita sulle guancette di legno della 45 che teneva appoggiata sulle ginocchia. Ad intervalli accarezzava la canna brunita. -Sei nervoso?- gli chiese Gunther seduto al suo fianco, al posto di guida, con una Gitanes accesa che gli pendeva dalle labbra. Ad ogni tiro il bagliore rossastro illuminava il volto squadrato del tedesco. -No. Ma, non mi sono mai piaciute le attese- specificò Katanga tenendo lo sguardo fisso sull’ingresso del locale. Qualche cliente, di tanto in tanto, usciva alla spicciolata sotto il diluvio universale di quella fredda notte milanese. -Bravi, andatevene a casa- mormorava ansioso Gunther nell’osservarli. Era da più di un’ora che erano parcheggiati lì, a bordo di un’alfa Romeo Giulia color crema. Il crucco avrebbe preferito una macchina dal colore meno appariscente, ma Albert aveva recuperato quella. Ed era proprio Albert che avrebbe dovuto dare il segnale di via libera. Doveva affacciarsi all’uscita del locale, accendersi una sigaretta e intrattenersi con il buttafuori. Quello sarebbe stato il segnale convenuto. Gunther era stato chiaro in merito. Fino a quando nel night ci sarebbero stati clienti, non sarebbero entrati. -Mi sembra di essere ritornato indietro negli anni. Quelle infinite attese nella boscaglia, acquattati come topi, magari sotto l’acqua, in attesa dei ribelli- mormorò Gunther tornando con la memoria ai tempi del Congo.-Qui siamo all’asciutto almeno- scherzò Katanga mettendo in mostra una dentatura perfetta e bianchissima. Erano le tre del mattino e il pacchetto di Gitanes stava accartocciato sul cruscotto della Giulia. Gunther dava segni di impazienza. -Scommetto che è dentro che fa il cretino con qualche troia- ringhiò Gunther spazientito. A quella parole, sulla porta del locale, comparve lui, Albert. Indossava il suo giubbotto di pelle, pantaloni a zampa e scarpe Barrows a punta. -Cristo, sembra un ballerino- commentò Gunther rimettendosi dritto sul sedile e guardando con attenzione ai gesti dell’amico. Costui si guardò un po’ intorno. Non aveva mai smesso di piovere, Si posizionò in prossimità della porta, accanto all’uomo del clan che faceva la selezione dei clienti. Era una vecchia conoscenza di Gunther, uno con un passato nell’anonima sequestri. Albert si accese una sigaretta e iniziò a scambiare quattro chiacchiere con l’uomo che non sembrava molto affabile.-Andiamo- tagliò corto Gunther infilandosi il passamontagna in testa e controllando l’arsenale un’ultima volta. Indossava un impermeabile lungo, sotto il quale celava un fucile a pompa in calibro 12 con la canna accorciata per renderlo più occultabile. In tasca aveva anche due bombe a mano.

 

Alcune recensioni, in ordine sparso, del noir “Ultimo tango a Milano”

Alcune recensioni, in ordine sparso, del noir “Ultimo tango a Milano”

No frills. Senza fronzoli. Lo stile di Ferrario si impone subito e piace. Del resto, la storia che racconta è talmente serrata che una parola di troppo disturberebbe il lettore, catturato fin dalle prime pagine.

Bel personaggio questo ex mercenario, segnato dalle atrocità viste (e perpetrate?) e dalla tragica morte del figlioletto. Lo troviamo alla guida di un night club nella Milano da bere degli anni Ottanta. Quattro pareti luccicanti e un bar che lo distolgono dal pensare e dal soffrire. Forse.

In questo vuoto interiore nel quale Sander ha cercato rifugio, piomba una storiaccia di droga che coinvolge due ragazzi e un ex commilitone, Albert. La cortina protettiva che il maggiore ha creato intorno a sé crolla improvvisamente. Ed è un bene, perché l’indagine che Sander porterà avanti con tenacia e lungimiranza lo riporterà alla vita.

Poche volte mi è capitato di fare il tifo per un protagonista che, diciamolo, non si dà molto da fare per attirare le simpatie del lettore. Ferrario dosa con maestria i momenti di cui Sander dona qualcosa di sé: sono come le briciole che Pollicino segue per tornare a casa. Dobbiamo farne tesoro, perché potrebbero sparire.

Una prova che mi ha convinto questa di Ippolito Edmondo Ferrario, che ha messo a frutto la sua profonda conoscenza della storia del Congo negli anni Sessanta e ne ha fatto lo sfondo di questo Noir che vi consiglio di leggere.

Quattro stelline.

Recensione: Ultimo tango a Milano, di Ippolito Edmondo Ferrario

Ultimo tango a Milano Ci sono sempre delle scale che scendono, composte da tanti o da pochi scalini. Ma scendono. Una rampa può condurre in una cantina, in un sordido seminterrato, in un locale affollato o semideserto… «“Ciao Katanga. Come butta stasera?” gli domandò Gunther presentandosi alla porta e gettando lo sguardo verso le scale che scendevano. A illuminarle, l’insegna al neon verde smeraldo con la scritta in corsivo Bodega». Una pagina dopo l’altra e si ha l’impressione che i bagliori della guerra civile congolese si riflettano almeno nel nome di un locale notturno, il night club Bodega per l’appunto, nonché in una Milano degli anni Ottanta, dove pare che ognuno abbia un’inestinguibile sete di vivere. Ma la metropoli non fa sconti. E non è il solo ammonimento del romanzo, il quale si presenta come la prima indagine del maggiore Gunter Sander, perché l’ex mercenario si troverà, suo malgrado, a fare una scelta: continuare a invecchiare nei ricordi e nelle sotterranee notti milanesi oppure dare un senso ai propri anni che passano. Scritto da Ippolito Edmondo Ferrario, il romanzo noir Ultimo tango a Milano è uno spaccato di vita innanzitutto e soprattutto notturna, con le sue contraddizioni e le sue regole. Proprio nella frenesia di voler vivere, ma nell’ignoranza di certi taciti e labili equilibri tra stupidi, balordi e malavitosi, si scatena il dramma della morte, dell’esecuzione, del torbido mulinello che afferra colui che non sa esistere del proprio. Non si fanno sconti: «… “Il destino è sempre quello. Alla legge della strada nessuno può sfuggire,” sentenziò Gunther aspirando una boccata di Gitanes, le stesse sigarette che fumava in Congo». Il resto è tutto da leggere, cogliendovi quanto ributtato dai marosi della vita, ovvero dall’oceano infinito nel quale, troppo spesso, navighiamo ignari.

Gianluca Padovan

Ultimo tango a Milano. Un noir meneghino com’è nelle corde dell’autore. Ippolito Edmondo Ferrario non è nuovo a discettarsi dallo scrivere riguardo al Congo e ai mercenari che hanno combattuto quella guerra. Il protagonista di questo noir è Gunther un tedesco cresciuto a Milano in porta Garibaldi e proprietario del Bodega un Night in voga negli anni 80. Il capolavoro di quest’opera non consta tanto nel plot narrativo, ma nella caratterizzazione del suo protagonista. Sembrerà un’ovvietá ai più ma senza Gunther il libro non esisterebbe. Milano monolitica come sempre questa volta fa da sfondo. Il lettore viene accompagnato sin dalle prime righe in un viaggio dentro l’anima martoriata del protagonista. Possiamo sentire sanguinare in forma di rimorsi e di rimpianti i suoi più intimi pensieri. La sua estrema voglia di farla finita e la codardia attraverso l’alcool di vivere ogni giorno. Un libro pregno di sentimenti uno yin e uno yang dove tutto ciò che è bene è anche male e viceversa, tutto raccolto in una persona sola. Un noir che se letto con la chiave giusta è un pugno nello stomaco del lettore che non potrà non commuoversi ai deja Vu di Gunther e le sue lacrime non potranno non essere le loro. Attendiamo fiduciosi un’altra avventura di questo personaggio.

Riccardo Sedini