ACCADDE DOMANI. 25 NOVEMBRE 1981. IL TENTATO GOLPE ALLE ISOLE SEYCHELLES NELLA TESTIMONIANZA DI TULLIO MONETA (Terza parte)

ACCADDE DOMANI. 25 NOVEMBRE 1981. IL TENTATO GOLPE ALLE ISOLE SEYCHELLES NELLA TESTIMONIANZA DI TULLIO MONETA (Terza parte)

ACCADDE DOMANI. 25 NOVEMBRE 1981. IL TENTATO GOLPE ALLE ISOLE SEYCHELLES NELLA TESTIMONIANZA DI TULLIO MONETA (Terza parte)

Si decolla

Si decide di partire. Le armi, una volta in volo e fuori del tiro della mitragliera, verranno smontate e consegnate al comandante Saxena. 

I mercenari salgono tutti, compresi i tre feriti: uno alla gamba, un altro al braccio e un terzo, di cui Tullio non ricorda dove era stato colpito. Il morto viene messo nella chiglia.

Rimangono a terra il colonnello Hoare, il maggiore Moneta e Kurt Priefert, con il compito di allontanare dal Boeing la scaletta d’imbarco. Salirebbero poi con una scaletta di corda, calata dal portello della 1^ classe.

Mike Hoare rimane pensieroso, poi sbotta: «Io non parto. Rimango con la Résistence e organizzo la rivolta.»

Tullio gli fa presente che la Resistenza organizzata non esiste, che mentre i mercenari combattevano la Resistenza se ne stava chiusa in casa. Se si fossero uniti a loro, con le armi conquistate ai soldati tanzaniani, avrebbero potuto organizzare la guerriglia e magari battere il regime di René…

Hoare sembra irremovibile. Ciò che è avvenuto e per come è avvenuto lo considera come una sconfitta personale, un’onta al suo nome.

«Va bene, colonnello Hoare,  allora rimaniamo pure noi. Non la lasceremo sola. O andiamo via tutti, e lei con noi, oppure restiamo tutti» dice Tullio.

Di fronte allo sguardo determinato di Tullio e di Kurt, che giocherella con la pistola, il colonnello Hoare abbassa il capo e accetta di salire per la scaletta di corda, seguito dagli altri due.

Il Boeing rulla sulla pista e si solleva.

Appena è in volo, ecco che la mitragliera a quattro canne comincia a sparare. Al comandante Saxena sarà sembrato di essere ritornato in guerra.

Con la differenza che i tedeschi lo avrebbero abbattuto, mentre i soldati delle Seychelles non calcolavano che avrebbero dovuto indirizzare il tiro avanti al Boeing di sei lunghezze del Boeing stesso.

I colpi finiscono quindi di molto oltre la coda dell’aereo. I traccianti e gli scoppi dei proiettili a 1500 metri d’altezza sembrano uno spettacolo pirotecnico di addio ai mercenari e ai passeggeri, che si godono la scena. Come promesso, le armi vengono smontate e consegnate al comandante Saxena, avvolte in una coperta.

Viene stappata una bottiglia di Dom Perignon per un brindisi. Poi, Dunlop Paul comincia a spiegare la situazione e come si era creata.

I passeggeri, ormai rilassati dopo i drammatici momenti vissuti, iniziano ad interrompere Paul con domande pressanti. Al che, spazientito, Paul inizia a zittirli, chiedendo loro di calmarsi…

Cominciava ad eccitarsi pure lui. Si sentiva un “Rambo”, malgrado  non avesse mai partecipato ad azioni di guerra prima d’allora. Interviene allora Tullio e gli intima di smetterla e di mettersi a sedere. Poi chiede scusa ai passeggeri, rassicurandoli che essi non sono terroristi.

Il viaggio continua così, nel silenzio. Una giovane passeggera si era intanto innamorata del mercenario Nick Wilson. Tutti e due se ne stanno a baciarsi in coda all’aereo, in attesa di arrivare a Durban.

Paddy Henrick commenta oggi quel fallito golpe, a 32 anni di distanza: «Se il nostro governo sudafricano ci avesse detto di conquistare le Seychelles – mi scrive – lo avremmo fatto. Comunque, ci avevano detto che il golpe sarebbe dovuto essere senza spargimento di sangue; avevamo quindi le mani legate e fummo costretti ad un abbandono prematuro. Purtroppo, in guerra ci sono delle vittime. La vegetazione dell’isola era il terreno ideale per noi, perché ci eravamo addestrati in terreni molto più aspri. Ricordo che la maggior parte di noi era formata da soldati molto esperti in confronto all’esercito delle Seychelles. Eravamo una forza allenata a combattere e a distruggere il nemico a tutti i costi.»

Un particolare che circola nel  giro negli ambienti bene informati è che “qualcuno” avrebbe voluto abbattere il Boeing con un missile SAM di fabbricazione sovietica mentre erano in volo sull’oceano, diretto in Sudafrica.

Poiché alcuni servizi segreti occidentali erano coinvolti nell’”affaire Seychelles” non si voleva che chi tra i mercenari sapeva dei piani occulti potesse parlare durante il processo che si sarebbe senz’altro tenuto.

Per fortuna sull’aereo c’erano quaranta passeggeri civili ed alcuni ministri dello Zimbabwe e quindi si decise di non abbattere il Boeing, onde evitare grane peggiori.

Arresto e condanna

Il presidente René aveva fatto arrestare Dolinchek e gli altri cinque congiurati rimasti sull’isola.

Salvo Dolinchek che venne graziato dalla condanna a morte (pure per questo motivo il fallito golpe puzzava di tradimento da parte sua), gli altri furono condannati a morte.

Furono poi anch’essi graziati e andarono a scontare la pena del carcere in una deliziosa isola, come fossero turisti. Furono poi liberati definitivamente tutti e sei dietro pagamento da parte del Sudafrica di 5 milioni di dollari. Quanti furono i dollari pagati da parte USA non si sa.

Il generale boero André Beukes  disse che l’assunzione di Dolinchek fu uno dei più grandi errori fatti dai servizi sudafricani. Della stessa opinione erano il generale “Rassie” Erasmus e Craig Williamson, una superspia infiltrata nel KGB.

Il Boeing era atterrato a Durban e i quarantaquattro mercenari arrestati.

Vengono portati al carcere di Zonderwater che in afrikaans significa “senz’acqua” e si pronuncia “Zontervater”.

Zonderwater  era stato un campo di prigionia dei militari italiani durante la Seconda Guerra Mondiale.

E’ rimasto come allora, meta di pellegrinaggi degli Italiani. Dopo l’affondamento della San Giorgio a Tobruk, mio padre Ermanno era rimasto internato per sei anni a Zonderwater, insieme ad altri concittadini di Corridonia, la sua città, tra cui Rinaldo Ermini, che lo ricorda nelle sue lettere alla famiglia.

Finita la guerra e la prigionia, moltissimi prigionieri italiani si stabiliranno in Sudafrica, dove già era presente una comunità italiana numerosa, che li aiutava con affetto. 

Zonderwater, i mercenari rimasero un solo giorno. Furono interrogati durante un  briefing da alti ufficiali e rilasciati.

Un magistrato interrogò Hoare, Moneta, Duffy, Doorewaard, Dalglish, Web e Goatley ed alla fine li rilasciò. Ma lo scandalo del golpe alle Seychelles era diventato uno scandalo internazionale e i governi antiapartheid fecero un putiferio. Il governo sudafricano fu costretto ad arrestare di nuovo Hoare e gli altri golpisti

Il PM chiese 10 anni per ciascun reato (pirateria aerea, possesso di armi, e aver messo in pericolo la vita dei passeggeri), secondo il Civil Aviation Act n. 10, firmato a Toronto dal Sudafrica nel 1972. I 10 anni furono in seguito abbassati a 5 anni, poi a qualche mese da scontare nella prigione di Pretoria.

A Mike Hoare andò peggio con una condanna a 10 anni, poi ridotta, e scontata infine nella prigione di Pietermaritzburg, vicino a casa sua.

Giorgio Rapanelli, Ippolito Edmondo Ferrario, “Mercenario. Dal Congo alle Seychelles. La vera storia di Chifambausiku Tullio Moneta”, Edizioni Lo Scarabeo, Milano

Accadde Domani. 25 novembre 1981. Il tentato golpe alle isole Seychelles nella testimonianza di Tullio Moneta (Prima parte)

Accadde Domani. 25 novembre 1981. Il tentato golpe alle isole Seychelles nella testimonianza di Tullio Moneta (Prima parte)

ACCADDE DOMANI. 25 NOVEMBRE 1981. IL TENTATO GOLPE ALLE ISOLE SEYCHELLES NELLA TESTIMONIANZA DI TULLIO MONETA (PRIMA PARTE)

Evoluzione del golpe

Terminata la lavorazione del film I quattro dell’Oca Selvaggia, iniziò l’organizzazione del golpe.  Tullio e William Dunlop Paul, il proprietario di una catena di palestre ed esperto di karate ed arti marziali, di cui si è detto sopra, che però mai aveva combattuto,  si misero in moto per reclutare i mercenari che conoscevano fin dal Congo. Nel frattempo i due furono contattati dal comandante George Schroeder per organizzare insieme a lui un piano, che ai due sembrò surreale e che, quindi, non accettarono. Ma la vera ragione per cui non accettarono era che non avrebbero abbandonato Mike Hoare, che intanto teneva contatti con diplomazie e servizi segreti occidentali, e con il governo delle Seychelles in esilio. Hoare fece vedere una volta una lettera inviatagli dagli ex-ministri, che lo invitavano a compiere il golpe. Intanto l’operazione andava avanti con il reclutamento di due capitani, tre tenenti e vari graduati che erano nel Quinto Commando in Congo. Furono reclutati validi combattenti come Barney Carey, Geremiah Puren, pilota di piccoli aerei nella campagna del Congo, Peter Rohein, Kurt Priefert, Desmond Jurgen Botes, detto “Des Botes”, Charley William Duchi, detto “Charley Dukes”, Roger England, ed altri.

Tullio reclutò anche 20 uomini del Recce Commando che come abbiamo detto era un corpo speciale formato da patrioti volontari, molti dei quali provenivano da famiglie benestanti, da dirigenti amministrativi e dalla magistratura, e perfino da ex-ministri sudafricani, che venivano addestrati fino a perdere la propria personalità.

Ad esempio, dopo aver fatto 40 chilometri con zaino ed armamento, senza mangiare e bere acqua, in un ambiente piuttosto arido, tipo quello che appare nel film I quattro dell’Oca Selvaggia, girato proprio in quei  luoghi, gli aspiranti commando del Recce  giungevano ad un baobab, sotto cui stava seduto un istruttore che beveva una Coca Cola ghiacciata. Per gli affamati e assetati c’era solo del pane imbevuto di alcol denaturato e dell’acqua mescolata ad urina. L’addestratore, indicando un frigorifero portatile pieno di bevande ghiacciate, chiedeva: «Chi vuol bere una Coca Cola?». Chi si avvicinava per bere la bibita fresca veniva scartato in quanto non era adatto a fare parte della élite del Recce Commando. Questo era ciò che il colonnello del Recce  Van der Spy raccontò a Tullio.

Nel Recce esistevano molte specializzazioni. Ad esempio c’era un corso avanzato di paracadutismo chiamato HALOHigh Altitude Low Open, in cui ci si gettava da 30.000 piedi, circa 9.000 metri, con il respiratore. E ancora si insegnavano tecniche di sopravvivenza e addestramento a seguire le tracce sul terreno, apprese dai boscimani, infiltrazione in territorio nemico con marce, paracadutismo e dal mare, fusione col nemico, addestramento con le armi in uso in tutti i Paesi del mondo, (quindi armi pesanti come contraerea e artiglieria), cecchinaggio. C’erano poi corsi sugli esplosivi e sulle mine antiuomo e su come disinnescarle, alpinismo, addestramento su terreni diversi e in diversi climi. E ciò durava per mesi… Il Recce Commando era un’unità di forza permanente. All’epoca il Sudafrica era circondato da nemici e l’ANC (African National Congress) di quegli anni era ben diverso da ciò che è oggi. All’epoca esisteva una branca armata dell’ANC, l’Umkonto we siswe, la “lancia della nazione”, di cui Nelson Mandela era il presidente. Erano marxisti e compivano sabotaggi e azioni di terrorismo  con vittime in bar, in ristoranti, nelle chiese. Esisteva l’infiltrazione da paesi confinanti come Mozambico, Botswana e Swaziland di forze comuniste (cubani, sovietici, tedeschi orientali, cinesi) con il compito di addestrare i loro nemici. I patrioti del Recce hanno combattuto per il loro Paese e per la libertà religiosa. Paddy, infatti, era ed è un cattolico praticante. 

Tullio non avrebbe mai fatto parte di questo corpo speciale, che non “pensava”, ma che “ubbidiva” ciecamente agli ordini. I mercenari dovevano invece pensare velocemente con la propria mente e decidere velocemente il da farsi.

Il sospetto

Avvennero però cose che misero in sospetto Tullio. Intanto egli non capiva perché al golpedovevano partecipare membri dei servizi segreti come Martin Dolinchek che era entrato nel 1978 portandosi dietro pure Peter Duffy, il fotoreporter che seguì la campagna dei mercenari in Congo standosene al sicuro nel campo base. Tullio considerava Dolinchek e Duffy dei “venditori di fumo”.    

Facevano parte pure agenti dei servizi come Kenneth John Kelly, detto “Blue Kelly,  unaustraliano, e Jan Olav Sydow, uno svedese che conosceva l’inglese e il russo.

Tipi “oscuri e inaffidabili” come quelli, sospettati di essere killer professionisti: che ci stavano a fare in mezzo a militari organizzati, si chiedeva Tullio?   

Come mai, fallito il coup d’état, il colpo di Stato, tutti i mercenari catturati furono condannati a morte dal Regime di René, salvo Dolinchek? Come mai quest’ultimo, appena iniziato il combattimento, scomparve per mettersi in salvo in un hotel a bere birra?

Fonti confidenziali del  Recce assicurano che Kevin Beck odiava Dolinchek, Duffy e Kelly, come del resto quasi tutti i Recce Commando.

Tullio aveva cercato, prima di partire per le Seychelles, di conoscere il pensiero di due dei migliori combattenti, Pieter Doorewaard e Paddy Henrick, esperti group leaders del Recce, sulle cose che lo insospettivano, soprattutto per gli accordi iniziali che venivano disattesi, facendo ritirare dal complotto ottimi ufficiali. Essi rispondevano che in questo genere di azioni poteva capitare di dover decidere di tagliare alcune cose, impossibili da realizzare. Comunque, l’azione doveva andare in porto, pur mancando  le armi pesanti trasportate con uno yacht

Tullio si chiedeva pure se c’era forse l’ordine di assassinare l’usurpatore René ed alcuni ministri chiave. Tullio fu pubblicamente categorico, perfino con Mike Hoare presente: «Noi siamo dei soldati combattenti, non degli assassini. Il lavoro sporco non lo facciamo… Né permetterò che lo facciano altri. Noi saremo nelle Seychelles come soldati dell’Occidente solo per abbattere il regime filocomunista di René e ridare il potere al presidente legittimo Jimmy Mancham. Stop. Se poi, dopo esserci ritirati dalle Seychelles e dato il potere in mano agli uomini della Resistenza, vorranno attuare le vendette sarà affare loro. E’ chiaro?»

Lo allarmava non ultimo  il fatto che era stato annullato lo yacht che avrebbe dovuto trasportare alle Seychelles le armi pesanti, mitragliatrici e bazooka, già nascoste in precedenza nella villa di Hoare. Tullio sapeva che l’esercito delle Seychelles aveva autoblindo e mezzi pesanti, che non si sarebbero potuti neutralizzare con i mitragliatori leggeri AK47, in dotazione. Non c’era neanche più il C 130 per il trasporto delle armi e dei mercenari. In un incontro di Tullio e di Dunlop Paul con  il maggiore Willie Ward del RecceCommando notarono che quest’ultimo faceva delle difficoltà e alla fine si ritirò… Si era ritirato anche un certo Bryan Walls del Recce Commando che nella vita civile faceva il gioielliere, ma era una professione di copertura. Pure quattro ufficiali del Recce si erano ritirati… La cosa cominciava a puzzare all’olfatto sospettoso di Tullio.

Però Mike Hoare giustificava tutto ciò che accadeva come cose che erano state decise dall’alto. Pure alcuni ufficiali dei mercenari, sentendo puzza di bruciato, si ritirarono. Tullio rimase nel commando per la fedeltà e per l’amicizia verso Hoare che aveva maturato in anni di collaborazione in Congo e in altre azioni. Non voleva che circolasse la voce che il maggiore Tullio Moneta aveva abbandonato il suo colonnello per timore di un esito negativo dell’azione.

C’era poi pure una parte di egoismo in questa decisione. Tullio si chiedeva: e se, invece, le cose fossero andate bene, come pronosticava Hoare e senza alcun spargimento di sangue, egli avrebbe perduto un’occasione d’oro per aumentare il proprio prestigio in quel mondo dove si preferisce morire piuttosto che fallire?

Comunque, per sminuire le defezioni, Hoare aveva messo Tullio sotto i riflettori del palcoscenico, dicendo pubblicamente in una riunione collettiva: «Finché ho gente come Tullio sto a posto. Voi potete andare pure via tutti.»

Giorgio Rapanelli, Ippolito Edmondo Ferrario, “Mercenario. Dal Congo alle Seychelles. La vera storia di Chifambausiku Tullio Moneta”, Edizioni Lo Scarabeo, Milano