Accadde Domani. 30 maggio 1974. Muore Giancarlo Esposti.

Accadde Domani. 30 maggio 1974. Muore Giancarlo Esposti.

30 maggio 1974. Muore Giancarlo Esposti.

Il 30 maggio a Pian del Rascino, in provincia di Rieti, viene ucciso Giancarlo Esposti in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Con lui vengono arrestati Alessandro D’Intino, Salvatore Umberto Vivirito (arrestato un giorno dopo in quanto non presente durante il conflitto a fuoco) e Alessandro Danieletti. La dinamica degli investigatori è la seguente: giunti i carabinieri e le guardie forestali sul posto, dove da qualche giorno sono accampati i neofascisti, i primi ingaggiano un conflitto a fuoco in cui Esposti muore. Gli altri camerati vengono arrestati. A centinaia di chilometri di distanza Cesare apprende della morte dell’amico che ormai non vedeva né sentiva da mesi. È sconvolto e con lui gli altri che hanno conosciuto Giancarlo. Un senso di desolazione e di rabbia serpeggia tra i ragazzi della piazza milanese. La sera dopo Cesare andrà a casa di Giancarlo per portare le proprie condoglianze alla famiglia. E mentre ancora si piange la morte di Giancarlo, sulla scena si insinua qualcosa di inquietante che è la prova della presenza di apparati dello stato che operano con precisi scopi. Da Brescia i giudici avevano divulgato tempo prima l’identikit di quello che sarebbe dovuto essere l’attentatore di piazza della Loggia: Giancarlo Esposti. I magistrati bresciani mettono in relazione i fatti di pian del Rascino con la strage di Brescia. Il gruppo di Esposti sarebbe il responsabile della strage, l’esplosivo trovato sulle alture di Rieti lo stesso utilizzato in piazza della Loggia. Peccato che ci sia un dettaglio fondamentale che smonta il teorema: quando Giancarlo viene ucciso porta una barba folta che si è fatto crescere da parecchio tempo, mentre il Giancarlo dell’identikit di Brescia è senza un filo di barba. Si è cercato quindi di “confezionare” a tavolino il colpevole della strage. Cesare vuole partecipare ai funerali dell’amico, ma non potrà farlo. Dalla perquisizione del cadavere di Esposti in una delle tasche viene rinvenuta una fototessera di Cesare che lo ritrae, sul retro della quale è riportato il suo nome e cognome. Un elemento che serve alle indagini per poter mettere in relazione il defunto Esposti con Ferri. Dopo l’ennesima perquisizione in casa sua, Cesare viene tradotto nel carcere di Brescia.

Tratto da: Susanna Dolci, Ippolito Edmondo Ferrario, Cesare Ferri. Genesi di un ribelle, Edizioni Settimo Sigillo

Accadde Domani. 28 maggio 1974. La strage di Brescia

Accadde Domani. 28 maggio 1974. La strage di Brescia

28 maggio 1974. La strage di Brescia

Il 28 maggio 1974 è stata indetta a Brescia una manifestazione voluta dai sindacati e dal Comitato Antifascista. Si scende in piazza per manifestare contro la violenza fascista. La tensione in città è altissima. Quella mattina la piazza è piena, nonostante il cattivo tempo. In molti si riparano dalla pioggia stazionando sotto i portici. Si calcola che ci siano mille persone. Mentre sta parlando Franco Castrezzati, sindacalista metalmeccanico della Cisl, scoppia l’ordigno. Sono le 10.12 e la deflagrazione causa la morte di otto persone e un centinaio di feriti tra cui alcuni gravi. È il panico. Si tratta di una strage in piena regola non dissimile da quella del 1969 di piazza Fontana a Milano. Poco dopo la piazza viene fatta sgombrare, regna il caos, arrivano i soccorsi. I vigili del fuoco con gli idranti ripuliscono il luogo dell’attentato. La ragione ufficiale è legata alla scena che secondo i testimoni ha dell’apocalittico. L’anomalia di questo gesto è che certamente impedisce di fare dei rilievi ed elimina tracce utili alle indagini. La strage assume la matrice nera. C’è chi però sostiene che l’obbiettivo potessero essere i carabinieri presenti, vista la posizione dell’ordigno occultato in un cestino. Durante le manifestazioni in piazza della Loggia i militari prendono sempre la stessa posizione, quel giorno si spostano solo per il cattivo tempo. Il giorno della strage Cesare è all’università e quando torna a casa apprende la notizia di ciò che è successo a Brescia. Un funesto presentimento, che presto diventerà realtà, si fa strada tra i suoi pensieri. Questa strage darà la possibilità alle istituzioni per fare qualsiasi cosa pur di eliminare i camerati. E si pone anche delle domande: a chi addosseranno la colpa della strage? Le indagini quali direzione prenderanno? Chi è il colpevole? Questi interrogativi dilagano anche in San Babila tra i camerati il giorno stesso della strage. Tra di loro aleggia un sentimento di ansia e smarrimento.

Tratto da: Susanna Dolci, Ippolito Edmondo Ferrario, Cesare Ferri. Genesi di un ribelle, Edizioni Settimo Sigillo

 

 

 

Accadde Domani. 19 maggio 1977. L’ultima rapina di Umberto Vivirito

Accadde Domani. 19 maggio 1977. L’ultima rapina di Umberto Vivirito

19 maggio 1977. L’ultima rapina di Umberto Vivirito

L’impossibilità di avere visibilità, di poter disporre di spazi pubblici come gli altri per fare propaganda condizionò la mentalità di tutto un ambiente.La necessità di procurarsi armi e fondi per l’attività politica passò dunque attraverso le rapine. Si potevano trovare le armi rapinando un’armeria o rivolgendosi alla malavita, ma per farlo ci volevano soldi. Era un cane che si morde la coda.

Io stesso ebbi come dotazione personale una pistola che proveniva dalla rapina di un’armeria di Monza.

Quando loro due intrapresero queste operazioni, lo fecero senza un ritorno personale, ma sempre nell’ottica di un disegno politico, folle o utopistico che fosse.

Non erano delinquenti comuni e mai lo divennero. Rievocare oggi la cronaca di certi atti come le rapine da loro commesse in gioiellerie o armerie mette fortemente in imbarazzo anche a “destra”. Alcuni vorrebbero tralasciare determinati episodi reputandoli marginali o poco encomiabili. Io invece credo, andando certamente contro la pubblica morale di allora e di oggi, che negli anni ’70 non ci fosse altra soluzione.

Quando, il 19 maggio del 1977, a Milano, Umberto Vivirito fece l’ultima rapina che fu fatale a lui e al proprietario della gioielleria, era reduce da due anni di detenzione che non avevano fatto altro che esasperarlo. Anche qui, non si tratta di una giustificazione, ma di un fattore da tener presente. Umberto fu imprudente, avventato e sfortunato. Ciò che per me resta evidente, a distanza di più di quarant’anni, è il fatto che lui, Alessandro e altri aderirono senza risparmiarsi ad una causa e ne pagarono le conseguenze. Furono anni che stravolsero davvero le nostre esistenze e quelle di chi ci stava vicino.

Tratto da: Domenico “Mimmo” Magnetta, Ippolito Edmondo Ferrario, Una vita in Avanguardia Nazionale, Ritter Edizioni

 

 

 

 

Una vita in Avanguardia Nazionale. Milano, 7 giugno 2019, Centro Congressi Palazzo Stelline

Una vita in Avanguardia Nazionale. Milano, 7 giugno 2019, Centro Congressi Palazzo Stelline

Presentazione del libro

 “Una vita in Avanguardia Nazionale”

 di Domenico “Mimmo” Magnetta e Ippolito E. Ferrario

 Ritter Edizioni

Venerdì 7 giugno 2019, ore 18.00

Centro Congressi Palazzo Stelline

Sala Toscanini, Corso Magenta 61, Milano

Introducono

Gabriele Adinolfi (Centro Studio Polaris)

Lino Guaglianone

Presenti gli Autori

Comunicato stampa

“A quel punto, nella mia ottica di soldato politico, le rapine divennero l’unica via possibile per finanziare il movimento. Accusavo anche stanchezza oltre che rabbia per quella situazione di difficoltà che ci affliggeva. Non vedevo spiragli. Ero consapevole che la mia posizione contravveniva allo spirito originario che aveva sempre animato il movimento, ovvero quello di frenare determinati atteggiamenti nei giovani più irruenti, di non cadere vittime di provocazioni. Lo Stato ci voleva in carcere, i compagni non accennavano ad abbassare il tiro e tra di noi le armi continuavano a girare.

Sarei diventato responsabile del Nucleo Economico, così lo definimmo, interno ad Avanguardia Nazionale. Avevo la piena facoltà di utilizzare su tutto il territorio italiano gli avanguardisti per procedere con tali operazioni. L’obiettivo che ci fissammo fu una “raccolta” iniziale di trecento milioni di lire”

Venerdì 7 giugno 2019 alle ore 18.00, nella prestigiosa cornice della Sala Toscanini del Centro Congressi Palazzo Stelline, si terrà la presentazione del libro “Una vita in Avanguardia Nazionale” di Domenico “Mimmo” Magnetta e Ippolito E.Ferrario pubblicato dalle Edizioni Ritter di Milano. (www.ritteredizioni.com)

Il libro tratta la vicenda di Domenico “Mimmo” Magnetta, legata indissolubilmente a quella di Avanguardia Nazionale, una delle principali e più articolate formazioni dell’estrema destra extraparlamentare sorte in Italia nel dopoguerra.

La sua storia si inserisce nel contesto specifico di Avanguardia Nazionale a Milano, in un periodo, i primi anni Settanta, in cui la repressione giudiziaria e la gogna mediatica si abbattono sui neofascisti come una scure. Ciò che emerge prepotente dal racconto è la certezza, condivisa da un’intera generazione salita su opposte barricate, che si potesse cambiare lo stato delle cose senza scendere a compromessi, anche scegliendo la strada della lotta armata.

Sogni, speranze, illusioni furono la benzina dei cosiddetti “Anni di Piombo”.

Questo libro è la testimonianza diretta, senza falsi moralismi, di chi allora aderì in modo totale ad un progetto umano e politico e vi credette fino in fondo, assumendosi le proprie responsabilità.