Evocare i demoni

Evocare i demoni

Evocare i demoni

“Questa è la biblioteca, se non lo avesse capito…”, mormorò il banchiere di fronte all’espressione ebete del suo ospite, che probabilmente non aveva mai veduto così tanti libri radunati in un unico ambiente.

Raoul raggiunse uno scrittoio di tipo francese con fregi in oro, posto al centro del salone.

Accanto a esso c’erano due poltrone moderne color verde smeraldo, rivestite in lana di casentino.

Sullo scrittoio troneggiavano alcuni testi dall’aspetto moderno, ben diversi da quelli presenti sugli scaffali.

“Qui dentro si respira la storia e non solo quella. Intorno a noi ci sono volumi che farebbero la gioia di bibliofili e collezionisti”, commentò distrattamente il banchiere.

“Ce n’è per tutti i gusti, ad aver tempo e voglia di leggere.

Classici della letteratura latina e medioevale, codici miniati, vite di santi e poi quelli che preferisco: testi per evocare gli spiriti, fini trattati di demonologia e di negromanzia.

Se stasera fossi colto dal desiderio di evocare i morti o qualche entità che non appartiene alla nostra dimensione, non avrei che da scegliere il libro giusto e recitarne le formule”, affermò Raoul, mentre prendeva la bottiglia di whisky torbato presente sul tavolo e con essa riempiva i due bicchieri lì accanto.

Tratto da Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza

di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2023

 

 

Il generale Aidid, signore della guerra

Il generale Aidid, signore della guerra

Il generale Aidid, signore della guerra

Il comandante somalo, alto e prestante, aveva da poco superato i quarantacinque anni.

Indossava un abbigliamento militare simile a quello dell’esercito regolare libico,

ma sul capo portava un cappello a tesa larga del tipo US Bonnie Hat americano, in colorazione desertica.

Seppur logoro, non se ne separava mai.

Diceva che era appartenuto ad un soldato americano da lui ucciso a Mogadiscio quando era poco più che un ragazzino.

Correva il 1993 e il giovane Osman faceva parte delle milizie del generale Aidid.

Quest’ultimo era uno dei più influenti signori della guerra; i suoi uomini, privi di scrupoli, controllavano la popolazione locale stremata dalla guerra civile e tenevano testa alle forze militari straniere giunte in Somalia.

Quella che era nata come una missione umanitaria sotto l’egida delle Nazioni Unite si era ben presto trasformata per i militari stranieri in un inferno.

Tratto da Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza

di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2023

 

Il banchiere, il Giappone ed il Sumo

Il banchiere, il Giappone ed il Sumo

Il banchiere, il Giappone ed il Sumo

Si sintonizzò in streaming su uno dei canali giapponesi che trasmettevano sport e che seguiva regolarmente.

Fu fortunato.

Stavano trasmettendo le immagini del torneo di sumo che si stava svolgendo in quei giorni a Osaka, in Giappone.

Il banchiere fu colto da un incontenibile entusiasmo.

Si versò un bicchiere di torbato, prima di godersi gli scontri tra i rikishi, ovvero i lottatori, determinati a salire di posizione nella graduatoria chiamata banzuke.

Chi fra loro fosse riuscito ad entrare nella classifica dei primi cinquanta campioni avrebbe avuto il diritto ad un vitalizio.

Il banchiere sembrava ipnotizzato da quei corpi enormi e seminudi, coperti dal solo mawashi, il perizoma tradizionale, che si fronteggiavano sul dohyo.

Amava quell’antica arte marziale perché era la sola di cui gli occidentali non erano riusciti impadronirsi trasformandola in uno sport di massa.

Anche dal punto di vista puramente estetico i rikishi erano la perfetta antitesi del modello occidentale, rappresentato genericamente da muscoli ipertrofici sfoggiati con spasmodica ossessione in ogni occasione, dalle palestre alle spiagge, passando per la televisione.

I rikishi erano un’icona di pura e virile imperturbabilità, incarnavano l’essenza di una cultura antica che affondava le sue radici nello shintoismo.

Tutto ciò era fonte di ammirazione per il banchiere.

La ritualità che precedeva gli incontri veri e propri lo ipnotizzava.

Nel sumo Raoul coglieva tutta la grandezza e l’unicità del Giappone, paese che amava profondamente.

Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022

 

 

Il banchiere di Milano a fumetti?

Il banchiere di Milano a fumetti?

Il banchiere di Milano a fumetti?

Qualcuno ci sta lavorando per dargli un volto.

Se sono rose fioriranno, come si dice.

Ecco l’ambiguo banchiere milanese, già protagonista dei due romanzi “Il banchiere di Milano” e “I diavoli di Bargagli”  (Fratelli Frilli Editori), nell’interpretazione dell’illustratore Stefano Mazzotti.

 

 

Raoul Sforza ed il furore antico

Raoul Sforza ed il furore antico

Raoul Sforza ed il furore antico
Il riverbero delle fiamme esasperava la spigolosità e la durezza dei lineamenti del volto di Raoul.
Alcuni sostenevano che il suo viso aveva un che di antico, come quello di certi capitani di ventura dei secoli scorsi, una sorta di moderno Bartolomeo Colleoni.
Anche nei momenti di quiete, l’espressione del banchiere sembrava quella di un uomo per natura incline all’ira e al furore.
Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022