Pillole d’Arte e di Storia in un noir

Pillole d’Arte e di Storia in un noir

«Sanfourche nacque a Bordeaux nel 1929, ma si trasferì a vivere a Rochefort sur Mer con i genitori.
Si inserì nel solco artistico tracciato da Gaston Chaissac, uno degli esponenti dell’Art Brut.
Per alcuni Sanfourche non era all’altezza del citato pittore, ma io l’ho sempre trovato curioso…
Insieme ad altri due artisti so che partecipò alla creazione di una grande stele commemorativa, per ricordare la cattura e l’esecuzione avvenuta a St. Léonard de Noblat, a opera di alcuni membri della Resistenza francese, dello Sturmbannführer Helmut Kämpfe, considerato un eroe della Divisione SS Das Reich.
Questo atto fu anche alla base della rappresaglia successiva che i tedeschi fecero nel villaggio di Oradour sur Glane, dove furono uccise seicentoquarantatre persone tra uomini, donne e bambini.
Una delle frasi più celebri di Sanfourche per raccontare la sua arte era: “non sono un artista, ma un uomo che realizza cose tra l’arte e la magia delle caverne”», raccontò Raoul senza voler sembrare lezioso o pedante.
Tratto da “I fantasmi del banchiere nero. La quarta indagine di Raoul Sforza” di Ippolito E. Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2024
Arte e cucina

Arte e cucina

Arte e cucina
La base era costituita da un battuto di crudo di ricciola e gambero di Santa Margherita, sopra muscoli e vongole appena scottati, brunoise di verdure crude, polvere di bottarga, barbabietola, galletta del marinaio e l’immancabile salsa verde.
L’impiattamento era ispirato a linee geometriche perfette: il Cappun Crudo, infatti, veniva disposto nel piatto a formare un quadrato.
“Siamo di fronte al puro dadaismo applicato in cucina. Osservate la perfezione delle linee e la composizione degli ingredienti.
Ad una visione più approfondita, nell’armonia con cui sono stati disposti i vari componenti, mi sembra di scorgere addirittura un antico mosaico ravennate. All’Agave il cibo viene sublimato in arte”, osservò Raoul estasiato.
Tratto da Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori
I diavoli di Bargagli/ Cristo Re

I diavoli di Bargagli/ Cristo Re

I diavoli di Bargagli/ Cristo Re

Terminò il pasto con due tazze di caffè nero; Lia glielo servì in tavola direttamente dalla moka.

Dopo l’ennesima rapida occhiata all’orologio, si riaccese il sigaro che aveva iniziato a fumare poco prima, durante l’incontro con Villa. Si concesse ancora qualche istante a tavola, assorbito dai suoi pensieri.

Osservò le due tavole quattrocentesche dell’artista rinascimentale Carlo Crivelli appese alle pareti.

Si trattava di due opere d’arte di grandissimo valore che facevano parte della vasta collezione di pittura antica ereditata dal nonno.

Ne amava una in particolare, quella che ritraeva Cristo Redentore attorniato da schiere di angeli alle sue spalle.

La figura del figlio di Dio dominava tutta la verticalità della tavola lignea.

Lo aveva sempre colpito l’espressione fiera e per nulla mite di Cristo.

L’artista lo aveva dipinto con tratti che lo rendevano più simile ad un condottiero che non a colui che viene e rimette i peccati del mondo.

Pur non professandosi cristiano, amava quell’opera e la sensazione di forza e di vittoria che da essa emanava.

Gli occhi di Gesù avevano la stessa durezza e la profondità dello sguardo di un soldato di lungo corso, antico o moderno che fosse, di un uomo d’armi, sopravvissuto a decine di battaglie.

Per Raoul quello era il Cristo combattente, non certo quello che moriva sulla croce per salvare l’umanità.

 

Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022