Amarcord per il banchiere nero
«So bene che non si può e non si deve tornare indietro. Mai! Detesto a prescindere coloro che guardano al passato come ad un paradiso perduto al cui ricordo versano lacrime.
Quella tipologia umana mi ripugna, ma concedimi almeno di provare odio e rabbia, sentimenti decisamente più consoni alla mia natura. Odio che alimenta odio…
A proposito ti ho mai detto che rimpiango perfino la zona delle ex Varesine quando essa era già abbandonata? Rispetto ai moderni grattacieli, la trovavo decisamente più interessante dal punto di vista umano: vera terra di nessuno, quasi di confine, in cui alle prime luci della sera comparivano prostitute, transessuali, tossici e tutta quella serie di disperati che popolano la città di notte.
In alcune sere d’autunno, quando ancora calava una fitta e meravigliosa nebbia, lì, alle ex Varesine, coglievi la vera essenza di questa città: un muro di apparenza e di ostentazione eretto per nascondere desolazione umana e infelicità.
So che la mia visione è in controtendenza, ma poco importa» aggiunse il banchiere ironico, sfogliando la playlist del suo cellulare in cerca di un brano da ascoltare.
Per Sforza la musica era fondamentale e irrinunciabile in quei momenti di elucubrazioni notturne.
Optò per Little Green Bag di George Baker, pubblicato nel 1969.
Tratto dal quarto romanzo della serie del banchiere di Milano di prossima pubblicazione