Il banchiere alla scoperta di Genova e della storia dei suoi quartieri
Negli anni successivi era accaduto che il placido rivolo d’acqua, gonfio di piogge, si trasformasse in un mare di fango pronto a riprendersi ciò che negli anni la speculazione edilizia gli aveva tolto.
Nonostante i morti e i danni, poco era cambiato ed il Bisagno, periodicamente, tornava a far paura.
Era come se in quelle zone aleggiasse una sorta di atavica rassegnazione di fronte alle tragedie, un sentimento che accomunava gli abitanti dei piccoli agglomerati dell’alta valle e quelli dei grandi complessi popolari prossimi alla città, come l’Arizona, quella costola di Molassana compresa tra via Sertoli e piazza Unità d’Italia, tra le più popolose di tutta Genova.
Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022
Le acque del torrente, in apparenza placide, nei giorni di intense piogge potevano trasformarsi e diventare impetuose fino a esondare.
Nella zona in cui giungeva in città, dopo essere sceso dall’omonima valle ed aver raccolto le acque di altri piccoli affluenti, il Bisagno scompariva nel sottosuolo. Negli anni Trenta del secolo scorso si era deciso di imprigionarlo in un alveo di cemento sottostimato per la sua portata.
Quella era la comune tendenza che dominava quegli anni lontani, gli stessi in cui a Milano si coprivano per sempre, relegandoli nel sottosuolo, decine di chilometri di canali.
Tutto ciò era servito per facilitare la costruzione delle arterie urbane e di nuove case.
A Genova in modo particolare, complice una certa disinvoltura delle istituzioni, negli anni Sessanta e Settanta si era edificato un po’ ovunque in nome della crescita economica, senza badare alle conseguenze.
Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022