ACCADDE DOMANI. 25 NOVEMBRE 1981. IL TENTATO GOLPE ALLE ISOLE SEYCHELLES NELLA TESTIMONIANZA DI TULLIO MONETA (Seconda parte)

Lavoro di intelligence

Comunque sia, la pianificazione del golpe continuò.

Nel 1981 Hoare e Tullio fecero un sopralluogo nelle Seychelles. Hoare ripartì, mentre Tullio rimase. 

Tullio ebbe contatti con la Résistence, fece un sopralluogo alla stazione satellitare USA sul monte Mahé, controllò l’ambasciata sovietica dall’esterno, disegnò cartine e planimetrie della State House, del Palazzo del Governo, degli uffici del Presidente al Centro Vittoria, dell’aeroporto, dei posti della guarnigione, delle difese antiaree, delle baracche nell’aeroporto dei soldati  delle Seychelles, tanzaniani e nordcoreani.

Ritornato in Sudafrica Tullio fece una riunione con i mercenari a casa sua, a Johannesburg.

Il 23 novembre 1981 organizzò una seconda riunione sempre a casa sua a Johannesburg, a cui parteciparono tutti i mercenari, insieme a Pieter  Doorewaard e Paddy Henrick del Recce, all’austriaco-svedese Sven Forsell, produttore e regista cinematografico che voleva fare un film sui mercenari, e al noto Kevin Beck.

Alla fine giunse il momento dell’azione:  partirono da Ermelo, una cittadina del Sud Africa, attraversarono il confine con lo Swaziland per prendere il Fokker che li avrebbe portati all’aeroporto delle Seychelles con gli AK47 nascosti nel doppio fondo dei loro borsoni. 

25 novembre 1981

Tralasciamo tutto ciò che è stato già riportato da libri e articoli, con l’arrivo del Fokker dei mercenari, camuffati da rugbisti e sotto la copertura dell’associazione Ye Ancient Order of Frothblowers (l’Antico Ordine dei Bevitori di Birra), effettivamente esistente nel Regno Unito. 

Frothblowers significa “colui che soffia via la schiuma” (come per la birra). Soprattutto è determinante la testimonianza di Mike Hoare nel suo libro The Seychelles Affair, alla seconda ristampa nel 2008.

Guardiamo la scena al presente con gli occhi del testimone Tullio Moneta…

Dopo il “guaio” capitato al borsone di Beck con la scoperta dell’AK47 e dopo che è stato dato l’allarme, Tullio ricorda che Geremiah Puren grida «act!», ovvero esorta ad agire.

Tullio monta in 20 secondi l’AK47 che aveva nel sottofondo del suo borsone e si precipita nei locali della dogana.

All’improvviso si apre la porta di un ufficio ed escono due doganieri armati con l’AK47. Tullio ne affronta uno e lo sbatte contro il muro, disarmandolo. L’altro spara una raffica, colpisce tra il petto e la spalla Johann Fritz, un giovane di 20 anni del Recce Commando. Poi si volatilizza.  

Mentre Tullio chiama il medico della spedizione, dottor De Wet , Fritz viene soccorso immediatamente da due compagni del Recce.

Uno dei due è Paddy Henrick, che mi ha precisato in una lettera: «Ero con Tullio quando Johann morì. Sono arrivato quando era già a terra e cercai di confortarlo come meglio potevo. Era un mio grande amico. In quell’anno aveva corso la Comrades Marathon, una maratona in canoa nel fiume Duzi, e aveva conseguito pure due lauree.»

Il medico in forza al commando, dopo aver visitato Fritz, fa segno a Tullio e a Hoare  che non c’è nulla da fare, poiché il colpo ha reciso l’aorta.

Fritz vivrà per altri 10 minuti. Era figlio di una ricca famiglia sudafricana proprietaria di miniere.

Anthony Mockler ed altri giornalisti hanno scritto che il giovane Fritz sarebbe stato ucciso da “fuoco amico”.

E’ falso. Tullio Moneta e Paddy Henrich erano presenti ed hanno visto come sono andati i fatti: il giovane Fritz non è stato colpito dal friendly fire, ma dalla raffica del doganiere.

Nessuno ha mai chiesto a Tullio e a Paddy di raccontare la verità.

I mercenari scovano in un ufficio vicino all’aeroporto cinque impiegati, tre uomini e due donne.

Li portano dentro l’aeroporto e Tullio li fa rinchiudere in una stanza per metterli al sicuro. Uno di questi si mette ad inveire contro i mercenari, mentre gli altri quattro cercano di zittirlo.

Tullio capisce che è il solito sbruffone e dice: «Piantatela! Siamo qui per fare un lavoro. Non rompete le scatole.»

Tullio requisisce insieme al capitano inglese Mike Webb uno degli autobus che doveva trasportarli all’albergo in cui sarebbero stati alloggiati e che stazionavano all’uscita dell’aeroporto.

Ordina di andare verso le baracche dei soldati tanzaniani che sono a metà strada di lato della pista di atterraggio dell’aeroporto, mentre quelle dell’esercito delle Seychelles sono al termine della pista. 

Il pullman arriva alle baracche dei tanzaniani.

Le baracche consistono in diversi edifici tipo bungalow, ad eccezione di una casa che è di tre piani.

Intanto Tullio ed altri mercenari fanno di corsa i circa 300 metri che li separano dalle baracche dei tanzaniani e le circondano a semicerchio.  

Giunto insieme ai suoi viene accolto da due o tre colpi sparati dalle baracche. I mercenari aprono un fuoco intensivo.

Tullio ordina di sparare al secondo piano della casa in modo che i colpi vadano pure sulle scale di collegamento tra il primo e il terzo piano. 

I tanzaniani scappano. Dei nord coreani neppure l’ombra: si erano squagliati ai primi colpi provenienti  dall’aeroporto.

Tullio e i suoi si dirigono poi verso le baracche dell’esercito delle Seychelles che sono in fondo alla pista di atterraggio. Da dietro le baracche escono quattro autoblindo sovietiche. Due di queste rimangono a difesa delle baracche e due si dirigono verso l’aeroporto.

Tullio ordina al capitano Webb di ritornare con il pullman all’aeroporto per organizzare la difesa.

Tullio stesso ritorna indietro poiché è impossibile fronteggiare le autoblindo senza un bazooka.

Un autoblindo rimane indietro, mentre l’altra attacca l’aeroporto sparando con la mitragliatrice da 12,7 mm. della torretta girevole.

Le pallottole con l’anima interna in tungsteno perforano i muri dell’aeroporto. Per i mercenari asserragliati nell’aeroporto si sta mettendo male.

Tullio accerchia con i suoi l’autoblindo e ordina a Peter Rowain di “accecare” l’autoblindo, spalmandone il visore con il fango di una fogna a cielo aperto.  L’autoblindo “accecata”, una BTR sovietica, finisce con due ruote nella fogna e si inclina da un lato.

A questo punto la mitragliatrice da una parte spara verso l’alto e non può più colpire gli attaccanti. Quindi i mercenari si posizionano da quella parte sicura e ordinano agli uomini dell’autoblindo di arrendersi, altrimenti li avrebbero bruciati con le molotov che avevano preparato svuotando bottiglie di cognac del bar dell’aeroporto e riempiendole di benzina.

Mike Hoare chiede a Tullio di dire in francese all’equipaggio dell’autoblindo: «Arrendetevi, o vi bruciamo!»

Allora dalla cima della torretta appare il tenente (di nome Adnan) che comandava l’autoblindo con il mitra in mano e per questo motivo viene freddato da una decina di colpi esplosi contemporaneamente da Tullio e da tre commando. Il corpo del tenente cade dentro l’autoblindo. 

Anthony Mockler scrive che il tenente venne ucciso dall’equipaggio, in quanto voleva impedire che i suoi soldati si arrendessero.

E’ falso anche questo.

A questo punto ai soldati dell’autoblindo non rimane che arrendersi ed escono dalla torretta uno dopo l’altro, con le mani alzate.

Vengono fatti spogliare completamente nudi e cacciati via.

Si tenta di recuperare l’autoblindo, ma il circuito elettrico della torretta è saltato e la mitragliatrice è quindi inservibile. L’autoblindo viene allora abbandonata.

Al suo interno i mercenari trovano alcuni razzi anticarro, ma senza il lanciarazzi sono inservibili. Intanto, i mercenari si sono asserragliati nell’aeroporto.

La torre di controllo era stata occupata fin dall’inizio e Charles “Chaz” Goatley, che era stato pilota militare e caposquadriglia, quindi uno del mestiere, inizia a controllare il traffico aereo, soprattutto nel caso arrivassero aerei nemici.

I mercenari, proprio per evitare l’atterraggio di aerei nemici, mettono alcuni camion e automezzi  lungo la pista di atterraggio.

Resisi conto della situazione disperata, il gruppo di mercenari comincia a pensare di ripartire con il Fokker che li aveva portati alle Seychelles, ma i piloti erano fuggiti ed erano introvabili.

Sta intanto giungendo un Boeing 707 dell’Air India, proveniente da Harare, capitale dello Zimbabwe, e diretto a Bombay. Deve atterrare per forza, poiché non ha più carburante.

Infatti, il metodo usato dalla Air India per risparmiare soldi del carburante era di partire con i serbatoi piuttosto vuoti, in modo da fare il pieno alle Seychelles, dove il carburante era meno costoso.

 Chaz” Goatley invita il Boeing a non atterrare poiché la pista è interrotta. Inizia un dialogo attraverso la radio.

Il comandante del Boeing, Saxena, dice: «Devo atterrare, non ho più il carburante» «No, non puoi» risponde “Chaz” dalla torre di controllo.

«Fammi parlare con il capo della torre di controllo»

«Non è possibile. E’ assente. La pista è pure occlusa»

«Bene, io atterro lo stesso» conclude il comandante.

Non può farne a meno. Capisce però che c’è qualcosa di strano che sta accadendo. Egli è stato pilota della RAF durante l’ultima guerra ed è quindi abituato a decidere in situazioni estreme. Il comandante del Boeing, il cui vice è il capitano Misra, inizia l’atterraggio. 

 Nel farlo, il Boeing tocca con l’ala un camion che intralciava la  pista sbalzandolo ad almeno 25 metri di distanza. L’ala non viene danneggiata seriamente.

Mentre inizia il rifornimento, il comandante scende dal Boeing veramente arrabbiato.

Immagina che stia accadendo realmente qualcosa di strano. Tullio invia il capitano mercenario Ricky Stannard incontro al comandante, a cui fa un inchino dicendo: «Benvenuto alle Seychelles».

Poi il comandante Saxena parla con Hoare e con Tullio, il quale inizia a spiegargli la situazione in atto. Proprio in quel momento inizia un cannoneggiamento con 2 o 3 pezzi da  75 mm. da una distanza di circa 400 metri dalla pista, per colpire il Boeing.  

Se lo avessero colpito avrebbero fatto una strage di passeggeri. La tragedia sarebbe stata  imputata soprattutto a Mike Hoare.

Hoare contatta telefonicamente la State House per parlare con il presidente René, o con il suo “uomo forte” Berlouis, per un cessate il fuoco.

Occorre salvare la vita dei passeggeri del Boeing dell’Air India. Inizia una trattativa. Poi, il comandante del Boeing parla direttamente con il presidente René: il Boeing, che ha 40 passeggeri, ma ne può trasportare almeno 120, può ripartire non appena effettuato il rifornimento.

Poco dopo i colpi di cannone cessano, evidentemente dietro ordine del presidente René. 

Erano stati sparati una quindicina di colpi: fortunatamente i serventi ai cannoni erano poco addestrati, altrimenti sarebbe stata una strage.

Il golpe era durato dalle 18,00 alle 24,00.

Dove andare?

Messo in salvo il Boeing si presenta un problema: ormai l’attacco era fallito.

Ci sarebbe pure il pericolo di un intervento armato dei “marines” sovietici e sarebbero dolori e grane diplomatiche. Quindi dove fuggire con questo Boeing?

Utilizzarlo, o meglio dirottarlo diventa un atto di “pirateria aerea”.

Se si continua con il Boeing fino a Bombay si viene arrestati per “pirateria aerea”, processati e condannati a morte poiché in India questa sarebbe la condanna. 

Lo dirottiamo nell’Oman – si chiedono i mercenari – dove Mike Webb era già stato come consigliere militare? Oppure, in Kenya, per via degli accordi segreti di occupazione delle Seychelles da parte del governo keniota?

Solo che quel governo non vorrebbe che i piani venissero alla luce del sole, attuati addirittura con mercenari sudafricani…

Tullio propone di farsi portare nel Botswana, che confina col Sudafrica, e da lì passare la frontiera del Sudafrica. Soluzione scartata, perché troppo macchinosa e piena di incognite. Alla fine si decide di atterrare a Durban, in Sudafrica.

Mike Hoare propone di distruggere le armi prima del decollo. Tullio si oppone con forza all’idea del suo colonnello, poiché non vuole finire massacrato insieme ai suoi uomini, qualora dovessero rimanere a terra per qualche motivo. 

Tullio dice: «L’aereo è danneggiato e potrebbe non decollare. Se poi dovesse decollare, potremmo essere colpiti da quella mitragliera sovietica a quattro canne da 14,5 mm., in postazione tra le baracche dei soldati in fondo alla pista. In questo caso, il Boeing dovrebbe atterrare di nuovo e noi, disarmati, potremmo essere catturati o ammazzati.»

Giorgio Rapanelli, Ippolito Edmondo Ferrario, “Mercenario. Dal Congo alle Seychelles. La vera storia di Chifambausiku Tullio Moneta”, Edizioni Lo Scarabeo, Milano