“Pensò ai bambini che tra il dicembre del 1943 e il febbraio del 1944, su ordine del prefetto Cordova, vennero arrestati in più rastrellamenti compiuti dalla polizia italiana insieme ai soldati tedeschi, ai carabinieri e agli uomini della Guardia Nazionale Repubblicana.
In tutto furono centotrenta.
Gli ordini erano precisi e spietati: dividere subito, senza eccezioni, gli uomini dalle donne e dai bambini.
I primi furono inviati al carcere di Santa Maria Maggiore, le donne alla Giudecca e i bambini vennero mandati in istituti per l’infanzia.
Quasi tutti i minori partirono poco dopo gli arresti per raggiungere il campo di Fossoli, prima di essere destinati ai campi di sterminio in Germania, solo un piccolo gruppo rimase ancora per un poco a Venezia.
Un’illusione di una possibile salvezza infranta il 18 gennaio del 1944, quando la polizia li aveva scortati ai convogli ferroviari. Il motivo del ritardo nella partenza, da quello che era emerso dai documenti dell’epoca, fu che i piccoli non erano nelle condizioni di viaggiare.
Forse, ma questo nessuno lo poteva affermare con certezza, i bambini in quel momento erano malati, magari afflitti da un’influenza di stagione e ciò aveva impedito il loro trasferimento.
Mario di quattro anni, Lino di sei, Sergio di quattro e Mara di tre, erano i loro nomi.”
Tratto da “I fantasmi del banchiere nero. La quarta indagine di Raoul Sforza” di Ippolito E. Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2024