Coca Cola e marchese De Sade

Coca Cola e marchese De Sade

Coca Cola e marchese De Sade

 

Il banchiere in compenso gli sorrideva amichevolmente. Inaspettatamente trasse dalla glacette una bottiglia di Coca-Cola. Il sindaco non si sarebbe mai aspettato di vederne una bottiglia tra le mani del banchiere.

Da quando lo conosceva lo aveva visto bere esclusivamente i migliori vini e i distillati più pregiati, ma mai una bibita gassata.

Al sindaco parve di vedere il banchiere compiere un atto quasi sacrilego.

“Si tolga quell’espressione da tonto, Villa!

Sì, io adoro la Coca-Cola in talune circostanze.

La pretendo servita freddissima, come questa.

E sono troppo cresciuto per sentirmi dire che essa è il simbolo dell’imperialismo americano con il quale gli Yankees ci hanno invaso e hanno corrotto i nostri giovani.

Che noia, Villa.

Già negli anni Settanta queste considerazioni da circolo neofascista posto in un sottoscala mi tediavano nel profondo, figuriamoci oggi…”, scherzò il banchiere riempiendo i bicchieri e rimembrando il suo passato eversivo.

Era sempre stato un cane sciolto, insofferente a certi diktat tipici dell’ambiente.

Pur amando la lettura di Evola, preferiva i classici russi del Novecento o i testi del Divin Marchese.

Tratto da Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori

 

Milano come Lampedusa?

Milano come Lampedusa?

Milano come Lampedusa?

E se Milano dovesse mai subire un’immigrazione di proporzioni colossali come quella raccontata nel mio libro, il sindaco Sala pronuncerebbe le stesse parole del sindaco Villa?

 

“Prima di essere un sindaco sono un uomo e, come tale, è mio dovere soccorrere chi ha bisogno.

Milano non si salva restando a guardare.

Stiamo vivendo in prima persona la tragedia di luoghi come Lampedusa, abbandonati a sé stessi, dimenticati, dove la gente muore in mare prima di raggiungere terra.

Io non ci sto!

Piazza del Duomo è il nostro Mediterraneo e io cercherò di salvare più vite possibile. Adesso tornerò in piazza a coordinare gli aiuti.

Chi desidera dare una mano è benvenuto, gli altri restino pure a guardare”, concluse Villa tutto d’un fiato.

Tratto da “Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza” di Ippolito E. Ferrario, Fratelli Frilli Editori

 

 

 

Arte e cucina

Arte e cucina

Arte e cucina
La base era costituita da un battuto di crudo di ricciola e gambero di Santa Margherita, sopra muscoli e vongole appena scottati, brunoise di verdure crude, polvere di bottarga, barbabietola, galletta del marinaio e l’immancabile salsa verde.
L’impiattamento era ispirato a linee geometriche perfette: il Cappun Crudo, infatti, veniva disposto nel piatto a formare un quadrato.
“Siamo di fronte al puro dadaismo applicato in cucina. Osservate la perfezione delle linee e la composizione degli ingredienti.
Ad una visione più approfondita, nell’armonia con cui sono stati disposti i vari componenti, mi sembra di scorgere addirittura un antico mosaico ravennate. All’Agave il cibo viene sublimato in arte”, osservò Raoul estasiato.
Tratto da Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori
Il bricco della Pensione Moderna di Bonassola

Il bricco della Pensione Moderna di Bonassola

Il bricco della Pensione Moderna di Bonassola

Lia posò in tavola un bricco di alluminio nel quale c’era il caffè bollente e lo versò nella tazza sotto lo sguardo attento dell’uomo, inebriato dall’aroma intenso che se ne sprigionava.

Raoul considerava la colazione un rito sacro e imprescindibile dal quale sarebbero dipesi il suo umore e l’andamento della giornata.

Osservò quasi rapito il bricco, come se fosse un gioiello dal valore inestimabile.

Quell’oggetto di uso quotidiano un tempo aveva fatto parte delle stoviglie utilizzate presso la Pensione Moderna di Bonassola per servire le colazioni.

Lo aveva ottenuto dalle proprietarie dell’albergo, Carola ed Eleonora, alle quali l’aveva chiesto espressamente.

Raoul sosteneva che il caffè servito in quel bricco, proveniente dalla sua amata Bonassola e da quell’albergo, avesse un valore aggiunto, qualcosa che gli riportava alla memoria ricordi e suggestioni di un tempo perduto.

Tratto da Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza

di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori

 

 

Cala il sipario sull’Asilo di via della Spiga e su di un’occasione mancata per la politica cittadina

Cala il sipario sull’Asilo di via della Spiga e su di un’occasione mancata per la politica cittadina

Cala il sipario sull’Asilo di via della Spiga e su di un’occasione mancata per la politica cittadina

 

In questi giorni si è tenuta la festa di fine anno anche per lo storica Scuola dell’Infanzia di via della Spiga che quest’anno chiuderà per sempre i battenti.

Educatori, bambini, personale dell’istituto, hanno dato ufficialmente l’addio alla scuola che li ha accolti e che per un anno li ha visti crescere insieme.

I mesi trascorsi sono stati scanditi dallo strenuo tentativo da parte di una comunità di genitori e non solo, strettamente uniti fra loro, di far sospendere una decisione, quella della chiusura dell’asilo, arrivata come un fulmine a ciel sereno, quando l’anno scolastico era iniziato già da alcuni mesi.

Il piano di “razionalizzazione” messo in atto dal Comune di Milano e dalla giunta guidata dal Sindaco Beppe Sala ha fagocitato non solo l’Asilo di via della Spiga, ma altre strutture dedicate all’infanzia.

Di tutti gli incontri che noi genitori abbiamo avuto con gli amministratori rimarrà sostanzialmente l’amarezza per l’arroganza con la quale ci si è dovuti rapportare, con la totale mancanza di tatto e di sensibilità nei confronti di una comunità di bambini che chiedevano semplicemente di poter proseguire e concludere il loro percorso con le educatrici che gli avevano accolti, in un ambiente sereno e armonioso.

Quando una rappresentante del Comune, durante uno dei vari incontri ufficiali, quasi sbalordita, ha avanzato l’ipotesi che noi genitori “italiani” avessimo potuto in qualche modo “obbligare” o meglio “fare coercizione” nei confronti dei genitori dei bambini stranieri a rimanere uniti e a difendere l’asilo dalla chiusura imposta, si è davvero toccato il fondo.

Un’affermazione di cattivo gusto e dal sapore discriminatorio giunta da una figura istituzionale e politica il cui partito, fra l’altro, ha fatto dell’inclusione e della lotta al razzismo la propria bandiera, almeno a parole.

Stamattina ho accompagnato mio figlio all’asilo: prima di andarmene l’ho visto in mezzo ai suoi compagni, mano nella mano, senza quella distinzione tra” italiani e stranieri” di cui quella rappresentante del Comune andava dicendo.

Ancora una volta ho compreso che i bambini, in termini di inclusione, uguaglianza e buon senso, hanno tantissimo da insegnare a noi adulti.

 

 

 

Cannoneggeremo i barconi!

Cannoneggeremo i barconi!

Cannoneggeremo i barconi!
Il Villa di oggi era lo stesso che fino a qualche mese prima era l’alfiere del sovranismo italico e che non perdeva occasione di promettere di fermare l’immigrazione clandestina a ogni costo.
“Cannoneggeremo anche i barconi, se saremo costretti a farlo per difendere i confini della nazione!”, aveva recitato in più di un comizio, eccitando i suoi più beceri sostenitori.
Sforza sghignazzò ripensandolo allora e guardandolo adesso, pronto a soccorrerli come una crocerossina.
Il banchiere lo disprezzava, ma ne riconosceva il trasformismo spinto all’eccesso come una qualità.
In fondo anche il banchiere sapeva essere infido, bugiardo e opportunista quando le circostanze lo richiedevano, senza alcun tipo di remora morale.
Raoul pensò che sia Villa che lui erano mossi da una spregiudicatezza di fondo, seppur con delle differenze.
Quella di Villa era volta alla politica e all’arte del vivere di parole sulle spalle altrui.
La spregiudicatezza del banchiere era uno stile di vita che inseguiva da sempre senza cercare un tornaconto personale.
Osare, tentare l’impossibile per il semplice gusto di farlo, non per un mero guadagno, vivere pericolosamente e nell’inquietudine: questa era la filosofia di Raoul, specie da giovane.
Tratto da “Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza” di I.E. Ferrario, Fratelli Frilli Editori