1967, Bukavu. Lui è il sergente George Seren Rosso. Sarà uno dei pochi e valorosi europei a resistere per mesi all’assedio della città da parte di migliaia di soldati congolesi. A settembre conoscerete meglio la sua straordinaria storia nel libro scritto con Robert Muller in uscita per le edizioni Ritter di Milano. Qui di seguito un link con una rara intervista fatta a George e ad altri volontari europei nei giorni del lungo assedio.
5 settembre 1974. Cesare Ferri si consegna per entrare in carcere.
La fine di agosto si avvicina. Mentre è al mare apprende da un quotidiano di essere ricercato. L’articolo è inequivocabile. I giudici lo vogliono arrestare perché lo ritengono autore dell’attentato firmato dalle Sam alla sede del Psi di via Crescenzago, attentato nel quale lui non c’entra. Naturalmente il profilo di Cesare Ferri che compare sul giornale non è dei migliori. Inevitabilmente pensa a quello che hanno già scritto di Giancarlo,
e capisce d’essere l’uomo perfetto da accusare soprattutto da morto. Sceglie quindi di tornare a Milano e si prepara a costituirsi per difendersi.
«Decisi di tornare principalmente per l’accusa infamante di essere uno stragista. Non potevo tollerare che me la cucissero addosso. Oltre al fatto che ero certo che si stesse cercando di farmi fare la fine di Giancarlo».
Ferri si incontra con il suo legale e poi con i camerati. Sente che è il momento dei saluti, il carcere lo attende. È il 5 settembre del 1974 quando fa il suo ingresso a San Vittore. Inizia così un lungo iter giudiziario diviso su più fronti processuali.
«Quando si celebrò il processo contro Loi e Murelli anch’io fui presente insieme ad altri camerati. Ero dentro per l’attentato in via Crescenzago alla sede del Partito Socialista Italiano. Il giorno della lettura della sentenza pronunciata dalla Corte di Assise ero in aula ad assistere in quanto coimputato per resistenza a pubblico ufficiale e adunata sediziosa. Eravamo tutti insieme. Fu lì che accogliemmo la lettura della condanna con il Sieg Heil gridato in aula e accompagnato dal saluto nazionalsocialista. Un gesto che rimase impresso nella memoria di molti. Nei giorni del processo si verificarono diversi episodi, tra cui il mio alterco con Rea che allora dirigeva l’Ufficio Po litico della Questura. Lo sfidai a duello e lui sbiancò…Ma andiamo avanti… Mentre ero detenuto per le Sam, mi arrivò l’indizio di reato per tutti gli attentati compiuti in Alta Italia dal 1969 al 1974, come ho scritto in ‘San Babila la nostra trincea’. Poi mi spiccarono il mandato di cattura per il Mar di Carlo Fumagalli e per Ordine Nero. Fui condannato per l’attentato di via Crescenzago a due anni e due mesi. Successivamente fui indiziato come esecutore della strage di Brescia. Per quest’ultima venni sottoposto a interrogatori che duravano
una media di dieci ore. Si svolgevano in presenza in genere di due o tre pubblici ministeri, un giudice istruttore e sei o sette avvocati di parte civile. Al termine del primo interrogatorio a Brescia ricordo che tornai
in cella e senza neppure svestirmi, mi sdraiai così com’ero e mi addormentai esausto. Era solo l’inizio del mio periodo di detenzione che sarebbe durato fino al 1978.
Tratto da: Susanna Dolci, Ippolito Edmondo Ferrario, Cesare Ferri. Genesi di un ribelle, Edizioni Settimo Sigillo
17 agosto 1973, l’ arresto di Rognoni in Svizzera.
Dopo quei giorni di colloqui e di incontri, Anna ed io decidemmo di partire per la Spagna. Utilizzammo l’auto con cui lei mi aveva raggiunto e partimmo insieme ad una comune amica che l’aveva accompagnata in Svizzera. Alla frontiera con la Francia fummo fermati. Probabilmente erano stati informati dei nostri spostamenti. Carlo Maria Maggi fece delle illazioni su qualcuno che era informato della nostra presenza e che avrebbe potuto segnalarci, ma mi sento di respingere l’ipotesi di una soffiata. La polizia svizzera mi arrestò il 17 agosto 1973, su richiesta di estradizione pervenuta dall’Italia. Rimasi in carcere a Ginevra alcuni mesi. Ricordo solo che era un carcere molto diverso da quelli italiani; non era particolarmente affollato e la maggior parte dei detenuti erano piccoli malfattori. Forse i soggetti più particolari erano due: io stesso ed un sospetto terrorista arabo legato a non so quale attentato. Ricordo che costui si premurò di farmi avere in carcere una copia del Corano in francese. Dopo quella detenzione fui messo in libertà provvisoria dalle autorità elvetiche e restai lì per altri cinque o sei mesi, in attesa della decisione sull’eventuale estradizione in Italia.
Si svolse un procedimento a mio carico in Svizzera. A difendermi ci sarebbe stato un avvocato d’ufficio.
Ricordo che il magistrato mi rassicurò sul fatto che il difensore d’ufficio non sarebbe stato un ripiego, poiché all’epoca in Svizzera (non so se oggi sia ancora così) all’inizio della carriera gli avvocati dovevano professare come avvocati d’ufficio prima di accedere liberamente alla professione. Mi rassicurò quindi sul difensore che mi sarebbe stato assegnato.
Nonostante queste garanzie ricorsi ai miei contatti. Venne in mio soccorso il banchiere François Genoud, con il quale ero stato messo in contatto da Gaston Armand Amaudruz che dirigeva una rivista culturale svizzera vicina alle nostre posizioni.
Tratto da: Giancarlo Rognoni, Ippolito Edmondo Ferrario, La Fenice. Unatestimonianza del neofascismo milanese, Ritter Edizioni
Da oggi disponibile, in prevendita e in offerta limitata, su ferrogallico.it: spedizioni entro il 31 luglio.
In distribuzione libraria, invece, dopo l’estate…
Sudafrica. Oggi. Località nei pressi di Pretoria. Italo, classe 1944, sta trascorrendo una serata nella propria farm, in compagnia della famiglia e di Giorgio, suo vecchio amico… ben presto, la conversazione finisce sull’ennesima aggressione, feroce, subita da farmer bianchi e sul clima di terrore e di violenza a cui sono sottoposti. Improvvisamente, la corrente elettrica viene interrotta. Rumori provengono dall’esterno della casa. I due uomini si preparano al peggio… in loro, l’istinto è ancora quello di una volta; gli amici sono pronti ad affrontare l’ennesima sfida, forse l’ultima. In un lampo, nella mente di Italo riaffiorano i ricordi dei giorni del suo arrivo in Africa… Prima metà degli anni Sessanta, la guerra civile sconvolge l’ex Congo belga. Migliaia di uomini, donne e bambini vengono massacrati. Il Paese è sull’orlo del baratro, impotente di fronte alla guerra civile. Nessuno sembra in grado di respingere questo orrore. Ad un certo punto, arrivano loro. Per molti, sono semplici avventurieri. Per altri, sono reduci sconfitti di guerre passate o assassini al soldo del migliore offerente. In patria, li chiamano “mercenari”. Per i loro nemici, diventano, semplicemente “les affreux”. I terribili.
Soggetto e sceneggiatura di Ippolito Edmondo Ferrario, disegni di Stefano Mazzotti. Con i contributi extra di Franco Nerozzi (“Les affreux. Trent’anni dopo”: un lungo ricordo personale fatto di immagini e parole) e di Alberto Palladino (con uno scritto sulla storia e sulla situazione attuale del Sudafrica, con le foto di Davide Di Stefano).
13 luglio 1993. L’avventura del Fronte Nazionale. L’arresto di Freda e di Ferri.
È il 13 luglio del 1993 quando il nome di Cesare Ferri torna sotto i riflettori per un nuovo arresto che lo vede protagonista insieme a Giorgio Franco Freda e ad altri nell’ambito di un’indagine partita dal Pm di Verona Guido Papalia. Ma occorre fare un passo indietro al 1990. Da quando è uscito dal carcere Cesare non ha mai smesso di fare politica, ma non si è impegnato con alcun movimento parlamentare o extraparlamentare. È rimasto amico di
Freda, anche se non si sono più visti. Il rapporto si è fisiologicamente diluito nel tempo, ma rimane il fatto che siano legati da amicizia e da una comune visione della vita. Non tutti sono all’altezza di intrattenere rapporti privilegiati di questo tipo con Freda. Si sta vivendo un particolare momento politico col problema dell’immigrazione irregolare. In quell’anno viene approvata la legge Martelli, voluta dall’ex ministro socialista in tema di immigrazione e che pone le basi per permettere un flusso migratorio continuo nel nostro paese. In molti vorrebbero che si faccia qualcosa. In quel
periodo Cesare ha modo di passare da Bologna per rivedere Freda. È proprio a Bologna che nasce l’idea del Fronte Nazionale.
Tratto da: Susanna Dolci, Ippolito Edmondo Ferrario, Cesare Ferri. Genesi di un ribelle, Edizioni Settimo Sigillo
Non tutti gli uomini si inginocchiano.
Difendi la tua storia, difendi te stesso.
Les Affreaux. I Terribili.
Prossimamente in libreria.
Ferrogallico. Fumetti ostinati e contrari.